Giancarlo Pontiggia

nuovi dialoghi sulla poesia (2015-2020)

L’intervista è un genere che spesso nella modernità ha incontrato il favore dei poeti, come scrive Stefano Verdino nell’introduzione. E la ragione che giustifica questa connessione tra un genere di conversazione ed il mondo all’apparenza esclusivo della poesia e del poeta è proprio questo equilibrio e richiamo tra forme opposte, tra la forma della poesia, sigillata nella perfezione delle sue misure di spazio, ritmo, pensiero e l’apertura dialogica illimitata dell’intervista, che diventa così un primo atto ermeneutico.
Nuovi dialoghi sulla poesia (2015-2020) raccoglie alcune delle più significative interviste che Giancarlo Pontiggia ha rilasciato durante e dopo la stesura finale e la stampa di Il moto delle cose (Mondadori, 2017), consegnandoci un ritratto a tutto tondo della sua visione umana, intellettuale e poetica.

La poesia non è emozione, ma un’esperienza in cui si fondono moti di pensiero, percezioni di vita quotidiana, echi di dottrine, sogni, visioni. Tutto questo in una lingua che deve affondare nell’elementare ruvidezza del parlato e insieme distanziarsene.

Si scrive nel silenzio, cercando un ideale incontro di verità esistenziale e di sapienza letteraria, di intuizione fantastica e di pensiero argomentato, di libertà e di necessità, di intensità analogica e di severità del cuore, di tempo umano e di tempo cosmico. Quel che accade, se accade, lo chiamiamo poesia.

P. 240   |   15 EURO

Vladimir Kantor

DOSTOEVSKIJ IN DIALOGO CON L’OCCIDENTE

(A CURA DI EMILIA MAGNANINI)

Vladimir Kantor è considerato uno dei più importanti filosofi al mondo.

In questo suo secondo saggio pubblicato in Italia, Kantor va alle radici del rapporto della Russia con l’Occidente.

Dostoevskij è uno scrittore di frontiera. I suoi personaggi sono legati alla fanghiglia e alla nebbia di Pietroburgo. E anche Pietroburgo, la città più importante della cultura russa, è frontiera, sia in senso geografico e orizzontale, sia in senso verticale: per Dostoevskij è il luogo della lotta del diavolo con Dio.
In Dostoevskij in dialogo con l’Occidente, il filosofo russo Vladimir Kantor mette a confronto l’anima russa e l’anima europea. Partendo dall’Inferno di Dante, si muove nel tema del peccato e del pentimento, della morte dopo la vita e della morte in vita. Molti universi, grandi e piccoli, persone reali e persone immaginarie, attraversano le pagine di questo saggio come luci gialle nella nebbia di Pietroburgo, città fantastica e del sogno: Papà Goriot di Balzac, Delitto e Castigo, Memorie da una casa di morti e Bobòk di Dostoevskij, Pietro il Grande e Lenin, Puškin e Gogol’, Marmeladov e Vautrin, Raskol’nikov e Rastignac, Platone e Freud, Zweig e Camus, Amleto e le streghe di Macbeth, Cristo e la libertà.
Dante pensava che sulla terra ci fossero i vivi, ma che i peggiori di loro potessero già subire il tormento dell’inferno; in Russia, Dostoevskij vedeva un nuovo tipo di esseri umani, vivi e morti contemporaneamente. Se l’eroe di Balzac vuole assoggettare il mondo, l’eroe di Dostoevskij lo vuole superare: Rastignac cerca il proprio tornaconto, Raskol’nikov – con l’accetta – cerca la giustizia. Là dove la vita ha perso il suo significato più alto, la persona umana precipita nella corruzione.
In questo saggio dal ritmo incalzante, Vladimir Kantor racconta una disgregazione dell’anima che la storia ha dimostrato essere terribile come l’inferno.

P. 160   |   15 EURO

BRUNO MELLARINI, Tra spazio e paesaggio. Studi su Calvino, Biamonti, Del Giudice e Celati

p. 376 | 19 euro
isbn: 978-88-87670-82-0

Se è vero – come ha scritto Francesco Biamonti – che «è destino umano abitare un mondo», è altrettanto vero che le categorie di spazio e di paesaggio divengono i fondamentali strumenti ermeneutici per cogliere il senso della nostra posizione nel mondo, in una sorta di mapping infinito e inesauribile. Prendendo le mosse da una ricognizione filosofica dei concetti di spazio e paesaggio, visti e considerati dialetticamente, nelle loro reciproche implicazioni, nonché dalla rilettura di alcuni momenti chiave dell’opera di Calvino, si analizzano le forme della rappresentazione spaziale e paesaggistica in tre autori di “scuola” calviniana: Biamonti, Del Giudice e Celati. Emergono così approcci anche molto diversi, ma tutti in qualche misura accomunati dal riferimento a Calvino, la cui attività scrittoria si era svolta tra la gioiosa scoperta del paesaggio nativo e l’emergere, sulla scorta di un novecentesco spatial turn, di un interesse sempre più marcato ed esclusivo nei confronti della spazialità. Di qui le soluzioni, in parte divergenti, adottate dai tre scrittori: il paesaggismo modernamente aggiornato di Biamonti, che frantuma il paesaggio tradizionale restituendone echi e risonanze esistenziali; la rigorosa ricerca spaziale di Del Giudice, per il quale il paesaggio si riduce a pura archeologia, a inservibile reperto del passato; lo sguardo fenomenologico di Celati, l’autore che forse più di tutti cerca di rompere la dicotomia spazio/paesaggio per trovare nel concetto di luogo, inteso quale sintesi insolubile di spazio e tempo, un ancoraggio poetico ed esistenziale.

Bruno Mellarini (1968) docente e Dottore di ricerca in “Le Forme del Testo”, lavora attualmente presso il Dipartimento Istruzione e Cultura della Provincia autonoma di Trento. Ha pubblicato in volumi collettanei e nelle riviste «Studi novecenteschi», «Sinestesie online», «OBLIO» e «Ticontre. Teoria Testo Traduzione» numerosi articoli dedicati ad autori del secondo Novecento italiano, tra cui Calvino, Del Giudice, Lodoli, Mozzi, Sanvitale, Voghera e Volponi. Un suo contributo sulla poetica della memoria in Fausta Cialente compare nel volume Non dimenticarsi di Proust. Declinazioni di un mito nella cultura moderna (Firenze, University Press, 2014) curato da Anna Dolfi. Altri contributi, relativi alla didattica dell’Italiano, sono pubblicati nella rivista «RicercAzione». Vincitore nel 1997 di una borsa di studio offerta dal Centro Studi Buzzati di Feltre, nonché collaboratore della rivista «Studi buzzatiani» fin dal 1999, ha pubblicato il volume Il mito e l’altrove. Saggi buzzatiani (1999-2016), Fabrizio Serra, Pisa-Roma 2017.